La siliqua è il nome che i numismatici moderni hanno dato a una moneta d’argento romana, il cui valore era di 1/24 di solido. Sebbene il nome non sia attestato dai testi antichi, l’origine del termine è ben nota. Deriva da siliqua, il nome latino dei semi del carrubo, che indicava un peso pari a 1/6 di scrupolo, ovvero circa 0,19 grammi.
Storia e Coniazione
La siliqua fu coniata per la prima volta da Costantino I nel 323 d.C. La sua coniazione, insieme a quella del solido, era un tentativo di stabilizzare il sistema monetario romano, che aveva sofferto per l’inflazione e la svalutazione. La siliqua valeva 0,19 grammi d’oro e, poiché il rapporto tra oro e argento era di 1/14, il suo peso teorico era di circa 2,7 grammi. Questo peso, tuttavia, fu presto ridotto a 2 grammi.
In età costantiniana, le silique furono emesse soprattutto da Costanzo II. Dopo la fine dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.), la coniazione continuò saltuariamente sotto i Goti nel VI secolo, con un decremento del peso che arrivò fino a circa 1 grammo. Alcune di queste monete, a causa del loro peso ridotto, sono considerate “mezze silique”.
La coniazione della siliqua continuò fino al periodo di Eraclio I (610-640) e forse fino a Tiberio III (698-705). Nel IV secolo, furono coniati anche multipli, come la miliarense (due silique) e una moneta da sei silique.
Ruolo e Significato
La siliqua, con il suo basso valore, era una moneta di uso quotidiano, utilizzata per le transazioni di tutti i giorni. La sua coniazione in un’epoca di profonda instabilità politica è un indizio che la moneta serviva a sostenere l’economia e a garantire la stabilità del sistema monetario.
In sintesi, la siliqua non è solo una moneta, ma un testimone della storia dell’Impero Romano. La sua analisi fornisce preziosi indizi sulle politiche economiche, sulle riforme monetarie e sulla transizione dall’antichità al Medioevo.

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