“Dominus adiutor et ego despiciam inimicos meos” è una frase latina che significa “Il Signore è il mio aiuto e io disprezzerò i miei nemici“. Queste parole, cariche di un forte significato biblico e di fiducia nel sostegno divino, furono incise in alcune monete d’argento fatte coniare da Ferdinando I d’Aragona, Re di Napoli (1458-1494), noto anche come Ferrante.
Il significato di questa leggenda sulle monete di Ferrante è profondamente ironico e storico, poiché fu smentita dai fatti in uno degli episodi più oscuri e tragici del suo regno: la Congiura dei Baroni (1485-1486).
I “nemici” a cui la leggenda si riferiva erano i baroni del regno che si erano ribellati a Ferdinando I, stanchi della sua politica assolutistica e della forte pressione fiscale. Dopo aver raggiunto un accordo di pace, Ferdinando, con un tradimento efferato, invitò i baroni più influenti a un famoso banchetto nuziale (quello della nipote) nel Castello Nuovo di Napoli. Lì, invece di festeggiare, furono fatti trucidare o imprigionare a tradimento.
La presenza di questa frase sulle monete di un sovrano che agì con tale spietatezza contro i suoi oppositori, nonostante avesse invocato l’aiuto divino per trionfare sui suoi “nemici”, rende queste monete particolarmente significative dal punto di vista storico. Esse rappresentano un esempio lampante della propaganda regale che cercava di legittimare il potere attraverso un linguaggio sacro, anche quando le azioni del sovrano erano in stridente contrasto con i principi religiosi o morali che la moneta sembrava evocare.
Per i numismatici, queste monete non sono solo oggetti di scambio, ma documenti storici che riflettono le complesse e spesso brutali dinamiche politiche dell’Italia del XV secolo.
Crediti d’immagine: FRONTESPIZIO – Processo contro Pirro del Balzo principe di Altamura, Antonello Sanseverino principe di Salerno, Gerolamo Sanseverino principe di Bisignano, congiurati contro Ferdinando d’Aragona Re di Sicilia, 1488 (Disponibile nella biblioteca digitale BEIC)

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