10 Luglio 2025
bibliografia

L’intrinseco di una moneta si riferisce al quantitativo di metallo nobile (prezioso) di cui essa è effettivamente composta. È il valore reale del metallo contenuto nella moneta, indipendentemente dal suo valore nominale (facciale) o dal potere d’acquisto che le viene attribuito per legge.

Questo concetto è fondamentale nella storia monetaria, soprattutto prima dell’avvento delle monete fiduciarie (il cui valore non è legato al metallo, ma alla fiducia nell’autorità emittente). Per le monete d’oro e d’argento, l’intrinseco era il fulcro della loro accettazione e circolazione.

Il valore intrinseco è determinato da due fattori principali:

  1. Peso: Il peso totale della moneta.
  2. Titolo (o Fino): La percentuale di metallo nobile presente nella lega della moneta. Ad esempio, una moneta d’argento al 900/1000 significa che su 1000 parti di lega, 900 sono d’argento puro.

Nel corso della storia, i sovrani e le zecche hanno spesso manipolato l’intrinseco per vari motivi, un processo noto come “svalutazione” o “tosatura”:

  • Riduzione del Titolo: Diminuire la percentuale di metallo prezioso nella lega, mantenendo lo stesso peso o quasi.
  • Riduzione del Peso: Diminuire il peso complessivo della moneta, mantenendo lo stesso titolo o quasi.

La manipolazione dell’intrinseco di una moneta, ovvero la riduzione del quantitativo di metallo nobile in essa contenuto, è stata una pratica comune adottata dai sovrani e dalle zecche nel corso della storia per diverse ragioni economiche e politiche.

Le motivazioni principali dietro queste pratiche includevano:

  • Finanziamento di Guerre: Le campagne militari erano estremamente costose. Ridurre l’intrinseco delle monete permetteva ai governanti di coniare un numero maggiore di pezzi con la stessa quantità di metallo prezioso disponibile, finanziando così eserciti e armamenti senza dover aumentare direttamente le tasse, un’azione spesso impopolare.
  • Copertura di Deficit Pubblici: Quando le spese dello stato superavano le entrate, la svalutazione della moneta era un modo rapido per generare liquidità. Questo forniva un sollievo finanziario a breve termine, evitando l’indebitamento o il fallimento.
  • Signoraggio: Questa è la differenza tra il valore nominale di una moneta e il costo del metallo e della coniazione. Riducendo l’intrinseco, il signoraggio (il profitto del sovrano derivante dalla coniazione) aumentava, rappresentando una fonte di reddito diretta per lo stato.

Tuttavia, queste pratiche avevano conseguenze economiche negative a lungo termine. Una riduzione eccessiva dell’intrinseco poteva portare a:

  • Perdita di Fiducia nella Moneta: I mercanti e il pubblico diventavano rapidamente consapevoli della minore qualità delle monete. Questo erodeva la fiducia nella valuta emessa, portando le persone a preferire altre forme di pagamento o a richiedere più monete per la stessa quantità di beni.
  • Inflazione: Se c’era più moneta in circolazione con un valore intrinseco inferiore, la quantità di beni e servizi che quella moneta poteva acquistare diminuiva. Questo fenomeno è l’inflazione, dove i prezzi dei beni aumentano progressivamente.
  • Ritiro delle Monete di Buon Fino dalla Circolazione (Legge di Gresham): Una delle conseguenze più celebri della svalutazione è la Legge di Gresham, che afferma: “la moneta cattiva scaccia quella buona”.

Quando coesistono in circolazione monete di uguale valore nominale ma con diverso valore intrinseco (ad esempio, monete nuove svalutate e monete vecchie di buon fino), le persone tendono a tesaurizzare

Le monete di buon fino (la “moneta buona”) e a spendere quelle di minore qualità (la “moneta cattiva”). Questo porta alla progressiva scomparsa delle monete di alta qualità dal mercato attivo, lasciando in circolazione solo quelle svalutate.

Oggi, per le monete da investimento (bullion coins) o per il collezionismo, l’intrinseco del metallo prezioso rimane il principale fattore determinante del loro valore. Anche per le monete storiche, conoscere l’intrinseco aiuta i numismatici a valutare il valore economico reale della moneta al momento della sua emissione e a studiare le politiche monetarie del passato.

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