L’Armellino è una denominazione che identifica due distinte monete d’argento italiane, entrambe caratterizzate dalla raffigurazione di un ermellino (spesso chiamato armellino in araldica), ma coniate in luoghi e periodi diversi e con significati specifici.
Armellino di Napoli e L’Aquila
Questa moneta d’argento, del valore di mezzo Carlino, fu emessa per la prima volta a Napoli e all’Aquila da Ferdinando I d’Aragona (Re di Napoli dal 1458 al 1494). La sua coniazione aveva un preciso scopo commemorativo: celebrare l’istituzione dell’Ordine Militare dell’Armellino nel 1463. Questo ordine cavalleresco, fondato dallo stesso Ferdinando I, utilizzava l’ermellino come suo emblema, simbolo di purezza e incorruttibilità, dato che l’animale si diceva preferisse morire piuttosto che sporcarsi il candido manto.
Le caratteristiche iconografiche di questo Armellino erano le seguenti:
- Sul dritto, presentava un ermellino (armellino) andante con la scritta DECORUM (decoro, onore), che richiamava i valori dell’Ordine.
- Sul rovescio, era impresso lo stemma degli Aragona, a sottolineare l’autorità dinastica del sovrano.
L’emissione di questa moneta continuò anche sotto i successori di Ferdinando I, Alfonso II (1495) e Ferdinando II (1495-1496), consolidando la sua presenza nel sistema monetario napoletano e aquilano.
Armellino di Pesaro
Un’altra moneta denominata Armellino fu coniata a Pesaro dai Duchi di Urbino della famiglia Della Rovere. Si trattava di una moneta d’argento con il valore di mezzo Paolo, emessa da Francesco Maria I Della Rovere (Duca dal 1508 al 1538) e da Guidubaldo II Della Rovere (Duca dal 1538 al 1574).
Questa versione dell’Armellino si distingueva per la sua iconografia:
- Su un lato, recava l’effigie di San Crescentino a cavallo, patrono di Urbino, simbolo della protezione divina sul ducato.
- Sull’altro lato, era raffigurato un ermellino accompagnato dal motto NUMQUAM (mai), che implicitamente sottintendeva “mai macchiarsi”, rafforzando il significato di purezza e integrità associato all’animale.
Questa moneta era popolarmente nota anche come Volpetta, probabilmente per una somiglianza percepita con la volpe, nonostante l’intento fosse di raffigurare un ermellino. L’Armellino di Pesaro è un esempio interessante di come simboli animali e motti venissero utilizzati nella monetazione rinascimentale per veicolare messaggi etici e di prestigio familiare, oltre a servire le esigenze commerciali del Ducato di Urbino.
Entrambe le tipologie di Armellino offrono ai numismatici preziose testimonianze delle politiche monetarie e delle strategie di comunicazione visiva delle diverse corti e stati italiani tra il XV e il XVI secolo.

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