Il Cianfrone è un termine numismatico che, sebbene inizialmente potesse avere un altro nome (come “fluni”), divenne la denominazione comune per indicare monete tassate e adulterate. Questo fenomeno era particolarmente diffuso nel XVI e XVII secolo a Roma e Napoli.
Inizialmente, i Cianfroni erano per lo più scudi e successivamente mezzi scudi, monete d’argento di medio-alto valore. La pratica dell’adulterazione consisteva nel ridurre il titolo di metallo prezioso (argento) nella lega di coniazione, sostituendolo con metalli meno nobili, senza alterare il valore nominale della moneta. Questa operazione era spesso una misura disperata adottata dagli stati per far fronte a crisi finanziarie o per finanziare guerre, permettendo di coniare più monete con una quantità minore di argento puro.
Il termine “tassato” nel contesto del Cianfrone si riferisce probabilmente alla svalutazione ufficiale o de facto che queste monete subivano sul mercato, una volta che la loro ridotta quantità di metallo prezioso veniva riconosciuta. Il popolo e i mercanti erano ben consapevoli del valore intrinseco reale, e le monete di basso titolo venivano scambiate a un valore effettivo inferiore rispetto al loro nominale.
Il Cianfrone è un esempio lampante delle difficoltà economiche e delle manipolazioni monetarie che caratterizzarono molte regioni d’Europa nel periodo di transizione tra il Rinascimento e l’età moderna. La sua storia ci fornisce indizi preziosi sulle dinamiche inflazionistiche, sulla fiducia nella valuta e sulle risposte dei governi alle pressioni finanziarie.

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